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20 gennaio 2012

Il bondage? Forse rende più felici

Pericoloso e insano? Macché, chi lo pratica tende a stare meglio degli altri. Lo rivela uno studio australiano


Abbinare il sesso alla costrizione, usare corde (fossero anche foulard di seta), corsetti, manette, frustini e quant'altro, non è affatto pericoloso e, anzi, può dare addirittura più felicità di pratiche sessuali più tradizionali e meno trasgressive.

È ora quindi di sfatare i luoghi comuni, e alcune opinioni professionali, che considerano le persone che lo praticano come «danneggiate e bisognose di terapia, se non pericolose e bisognose di restrizioni legali». A questo risultato è giunto uno studio condotto all'università del Nuovo Galles del Sud, su 20mila persone, e pubbblicato sul Journal of Sexual Medicine.

In Australia il 2% degli adulti dichiara di prendere parte a giochi sessuali con sadomasochismo, dominazione o sottomissione, per pura passione senza alcun risvolto psicanalitici (come reazioni a carenza sessuali o ad abusi subiti). Il piacere è a due: per chi è legato consiste nell'abbandonarsi totalmente al partner, per chi lega consiste nel sentire l'abbandono. In Italia mancano dati uffficiali ma in un sondaggio condotto qualche anno fa da Durex, ben 3 italiani su 10 hanno detto di utilizzare talvolta le sole manette: non bondage nel senso più tradizionale del termine, ma pur sempre una costrizione.

Stando ai risultati dello studio australiano, «bondage, disciplina e sadomasochismo (Bdsm) sono semplicemente un interesse sessuale o una sottocultura che attrae una minoranza», scrive Juliet Richters che ha coordinato lo studio. Le pratiche Bdsm sono più comuni fra gay, lesbiche e bisessuali, e i partecipanti hanno più probabilità di essere avventurosi sessualmente anche in altre maniere. «Tuttavia non hanno maggiore probabilità di essere costretti all'attività sessuale e non hanno una tendenza maggiore ad essere infelici o ansiosi». Anzi, gli uomini che vi prendono parte mostrano di essere perfino più felici, dato che registrano punteggi significativamente più bassi sulla scala del malessere psicologico, rispetto ad altri uomini.

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